Settore Orafo-Argentiero-Gioielliero gennaio-maggio 2022 Export a +36,5% grazie alla locomotiva USA e +4% l’occupazione ma il raddoppio dei costi dell’energia rischia di spiazzare i prodotti rispetto alla concorrenza internazionale

Settore Orafo-Argentiero-Gioielliero gennaio-maggio 2022
Export a +36,5% grazie alla locomotiva USA e +4% l’occupazione ma il raddoppio dei costi dell’energia rischia di spiazzare i prodotti rispetto alla concorrenza internazionale

Milano, settembre 2022

Sulla base delle elaborazioni effettuate dal Centro Studi di Confindustria Moda su dati ISTAT per Federorafi, nei primi cinque mesi del 2022 il settore orafo-argentiero-gioielliero prosegue nel sentiero espansivo e registra una crescita su base tendenziale pari al +36,5% delle esportazioni; l’export si porta, dunque, a poco meno di 4 miliardi di euro, guadagnando un miliardo circa rispetto al medesimo periodo dello scorso anno. Inoltre, nel caso dell’export, si rileva una lieve accelerazione rispetto al primo trimestre chiusosi, si ricorda, a +31,9%. Del resto, le vendite settoriali effettuate nel solo mese di maggio presentano un aumento del +63,7% rispetto al maggio 2021. A confronto con il gennaio-maggio 2019 la crescita risulta altresì molto vigorosa, ovvero pari a +40,3%, corrispondente in termini assoluti a 1,15 miliardi. Il saldo commerciale di periodo ammonta a quasi 3,2 miliardi di euro e supera, similmente alle vendite oltreconfine, di oltre 1 miliardo l’avanzo del medesimo periodo 2021.

Il comparto preponderante (84,1% dell’export qui considerato), ovvero l’oreficeria/gioielleria in oro, presenta una dinamica delle vendite estere migliore della media settoriale, crescendo del +40,5% nei primi cinque mesi dell’anno; la gioielleria in argento sperimenta un incremento dell’export contenuto al +4,4%, mentre quella in metalli placcati, che tuttavia non arriva a 30 milioni di euro, cresce quasi del +150,0%. In termini di quantità, l’export di queste tre merceologie segna una dinamica altrettanto positiva, pari al +11,1% sul medesimo periodo del 2021; pur tuttavia, se rispetto al gennaio-maggio 2020 la crescita raggiunge il +72,5%, resta al di sotto del -1,8% se paragonata con i primi cinque mesi del 2019.

Oltre che per linea di prodotto, con riferimento al settore complessivamente inteso, nel periodo in esame si mantiene molto favorevole l’evoluzione dell’export nei principali mercati di destinazione del settore, pur su tassi di entità differente; unica eccezione è costituita da Hong Kong. Da gennaio a maggio 2022 gli Stati Uniti, confermati in prima posizione come lo scorso anno, sperimentano un aumento del +24,9% rispetto al medesimo periodo del 2021 (+115 milioni circa in valore assoluto); tale mercato assorbe il 14,4% dell’export settoriale totale. Al secondo posto torna la Svizzera, scambiandosi con gli Emirati Arabi nuovamente in terza posizione: tali mercati crescono rispettivamente del +31,4% e del +23,3%. Una variazione molto consistente, nella misura del +123,8%, caratterizza le vendite settoriali destinate in Francia (+255,5 milioni di euro in valore assoluto); nel periodo in esame la Francia raggiunge quasi gli Emirati Arabi, come indica l’incidenza all’11,6% per entrambi. Quinta l’Irlanda, hub logistico-commerciale del settore di recente avvio. Di contro, nel periodo in esame perdono il -1,6% le vendite dirette ad Hong Kong (-3,4 milioni di euro), mentre la Cina, dopo aver sperimentato una variazione del +367,5% nel gennaio-maggio 2021, cede il -21,9% (cui corrispondono quasi -7,4 milioni di euro), portandosi dalla 18° alla 26° posizione; le esportazioni a Hong Kong sono pari a 201 milioni di euro, in Cina a 26,3 milioni nei primi cinque mesi del 2022.

Con riferimento ai maggiori distretti del settore (per i quali i dati sono disponibili solo per codice ATECO CM 32.1 e solo su base trimestrale), nel primo trimestre del 2022 si registra una crescita delle vendite estere del +29,7%, in linea con la dinamica del +31,9% registrata per l’aggregato a livello nazionale nello stesso arco temporale. L’export di Arezzo (che incide per il 32,2% sul totale esportato dall’Italia) evidenzia una crescita tendenziale del +31,1%, mentre Vicenza raggiunge una dinamica pari al +38,4%, assicurando il 21,6% dell’export settoriale nazionale. Il fatturato estero di Alessandria non va oltre ad una variazione del +8,5%, mentre quello della vicina Torino sale del +26,0%. Andamento favorevole interessa anche le vendite oltreconfine della provincia di Milano, in aumento del +40,6%. Si ricordi che le suddette prime cinque province esportatrici coprono ben l’85,1% del totale nazionale.

La Presidente FEDERORAFI Claudia Piaserico, nel presentare i dati in occasione del recente Opening di VicenzaOro ha altresì sottolineato come anche a livello occupazionale si stia consolidando l’inversione di rotta, in quanto, secondo le fonti delle Camere di Commercio, gli occupati al 30 giugno 2022, in relazione con lo stock al 31/12/2021, risultano in aumento del +4,0% corrispondente a oltre mille lavoratori in più. Gli aumenti di maggior rilievo si rilevano in Toscana (36,8% del totale), in Piemonte (41,0%) e in Veneto (20,9%).

A fronte di questi dati positivi, anche sul comparto della gioielleria incombe la minaccia dell’escalation dei costi di tutte le voci di forniture e dei servizi dovute ovviamente all’incremento dei costi delle hard commodities come l’energia elettrica ed il gas che, di fatto, hanno provocato, rispetto allo scorso anno, un raddoppio dell’incidenza percentuale dei costi di queste voci rispetto al fatturato aziendale. Un incremento che sta erodendo i margini delle imprese che saranno quindi costrette a ribaltarlo sui listini rendendo meno competitivi i gioielli italiani rispetto alla concorrenza internazionale Extra-UE, ma anche Intra-UE, che può beneficiare di minori costi essendo in gran parte autosufficiente dal punto di vista energetico.

In ragione di ciò per la Presidente FEDERORAFI Claudia Piaserico occorre intervenire tempestivamente nella direzione già indicata dal Presidente di Confindustria Moda, Ercole Botto Poala, ovvero:
-scorporare il prezzo dell’energia prodotta da fonti rinnovabili da quello dell’energia da fonti fossili per ridurre il prezzo medio e incrementare l’attrattività delle rinnovabili.
-avere una quota nazionale di produzione da fonti rinnovabili a costo amministrato riservato all’industria manifatturiera, come fanno altri paesi in Europa, e intervenire sul costo della bolletta anche utilizzando risorse comunitarie.
-supportare le aziende nell’investire in efficientamento energetico: le PMI non hanno gli strumenti per farlo in autonomia, perché sono richiesti investimenti importanti. Qui entra in gioco il PNRR che deve essere a portata di piccole imprese per avere un impatto concreto.
-tutte le forze politiche devono spingere in maniera unitaria in Europa per fissare un tetto al prezzo dell’energia. Solo questo potrà evitare speculazioni che danneggiano tanto i cittadini quanto le aziende. Se non si dovesse riuscire a farlo a livello europeo, è importante riuscire a farlo a livello nazionale.
-diversificare le fonti di approvvigionamento e aumentare la produzione interna di energia. Solo accrescendo la nostra indipendenza energetica, infatti, porremo le basi perché in futuro queste situazioni non ricapitino e favorire un ecosistema economico che sia davvero resiliente.
-Infine, nel caso la situazione non dovesse stabilizzarsi nel breve periodo, è fondamentale prevedere sin da subito un piano di razionamento dell’energia. Questo è necessario per essere preparati a ciò che succederà, agendo di conseguenza e organizzandoci per tempo.

 I dati provinciali del secondo trimestre saranno diffusi da ISTAT a partire dal prossimo 13 settembre.

In allegato il testo comprensivo delle relative tabelle
2022_09_10 CS Export Settore orafo gen-mag 2022

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