Il mito del platino si rinnova

Il mito del platino si rinnova

Metallo raro e preziosissimo, il platino che oggi incontra sempre più il favore dei consumatori su scala globale fu già in auge negli Anni Venti e Trenta (“The Roaring Years”), compiacendo le audacie estetiche dell’Art Decò ed i capricci mondani delle “divine” come Jean Harlow (“la platinata” per eccellenza). Usato per oggetti preziosi già nel III millennio prima di Cristo (ne è stata ipotizzata la presenza addirittura nell’armatura di Agamennone, descritta nell’Iliade), molto amato dagli antichi Egizi, come documentato dai reperti archeologici, era lavorato abilmente dagli indios 15 secoli prima che Cristoforo Colombo scoprisse il Nuovo Continente.

La prima citazione del platino in documenti europei risale al 1557 e si deve ad un dotto italiano, Giulio Cesare Scaligero, che lo definì un misterioso metallo rinvenuto nelle miniere del Darién e del Messico “finora impossibile da fondere secondo i metodi noti agli Spagnoli”. Pare che la sua scoperta ufficiale sia stata opera dell’astronomo Antonio de Ulloa e di Don Jorge Juan y Santacilia, a cui il sovrano Filippo V di Spagna aveva affidato una spedizione in Perù a metà ‘700. Rapito dai corsari inglesi, Ulloa visse in Gran Bretagna divenendo perfino membro della Royal Society, ma non poté pubblicare alcuna notizia sul metallo che aveva identificato, finché nel 1741 a ciò provvide Charles Wood che isolò l’elemento pretendendo l’attribuzione a sé della scoperta.

Il platino è considerato il più puro e resistente dei metalli preziosi, carico di accezioni intangibili che attingono alla sfera emozionale e che richiedono una certa finezza culturale per consentire una reale stima dei valori di stile e di gusto incarnati.

Alla luce di tutto ciò, per le spose più chic e raffinate c’è chi (vedi Domo Adami) ha pensato ad abiti esclusivi con dettagli e tessuti in platino, coniugando così le valenze immateriali con i valori concreti. Ci è piaciuto l’abito con ampia gonna arricchita da una doppia sottogonna in balze di tulle, che appare vaporoso e raggiante di aure luminose, con bustino steccato realizzato con oltre due metri di tessuto di platino e costruito su una base di seta duchesse rinforzata da tela di canapa. Deliziosa ed originale, ma soprattutto destinata ad avere seguito e successo in futuro, ci è pure sembrata l’idea di abbinare ad un abito da sposa bianco classico delle spalline costituite da preziose catene in platino, tali da potersi poi slacciare e indossare come gioielli.

La rarità di questo metallo bianco-grigio che qualcuno potrebbe, a prima vista, scambiare per argento (è l’equivoco in cui caddero i conquistadores spagnoli che lo battezzarono “platina”, diminutivo di “plata”, argento, ritenendolo di qualità inferiore e, in quanto tale, sovente gettato via), è comprovata dal fatto che, assemblando in un unico solido tutto il platino estratto nel mondo in ogni epoca, si ricaverebbe un cubo di soli 4,6 metri di spigolo!

Per ottenere un’oncia di platino (31,1 g) occorre estrarre dieci tonnellate di roccia e lavorare per cinque mesi al fine di ricavare un lingotto dal grezzo (il suo prezzo di gran lunga superiore a quello dell’oro è, quindi, pienamente giustificato).

Oltre che in gioielleria, tale metallo è usato per lo più nell’industria automobilistica (specie per le marmitte catalitiche), in odontoiatria, nella fabbricazione di strumenti di analisi e di contatti elettrici.

Le più cospicue riserve di platino della Terra si trovano in Sud Africa e forniscono almeno i 4/5 della produzione mondiale, ma buoni giacimenti sono ubicati anche in Russia, Canada, America del Sud.

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