Oreficeria: tiene l’export 2024 ma sul 2025 pesa l’incognita dei dazi USA

Sulla base delle elaborazioni effettuate dal Centro Studi di Confindustria Federorafi su dati ISTAT, nel corso del 2024 il settore orafo-argentiero-gioielliero sui mercati internazionali ha assistito ad una prosecuzione dei trend emersi a partire dall’ultimo quarter del 2023 e per tutto il primo semestre 2024. L’export vede confermare la dinamica di segno positivo su ritmi vivaci. La crescita dell’export risulta ancora lievemente superiore al +41,0% per un totale di 15,5 miliardi di euro sostenuta dai rialzi delle quotazioni dei metalli preziosi e, soprattutto, dal permanere della performance “anomala” della Turchia, già commentata nei precedenti comunicati (che comunque ha incidenza su un numero limitato di imprese, meno del 3% del totale). Parallelamente, l’import risulta interessato da un decremento pari al -8,1%, portando il saldo commerciale 2024 di comparto pari a 13,2 miliardi di euro, in aumento del +55,9% a confronto con il surplus archiviato nell’anno 2023. Le variabili prima evidenziate (incremento quotazioni materia prima preziosa e Turchia) condizionano però in modo rilevante i valori, infatti se consideriamo le quantità, con riferimento alla gioielleria da indosso nel suo complesso (la merceologia più importante), nell’arco dei dodici mesi i volumi esportati hanno visto un timido segno positivo pari solo al +0,7%: sul dato medio quantitativo settoriale incide sempre la dinamica della Turchia (+150%), al netto della quale il risultato in termini di quantità vendute sarebbe di segno negativo. In riferimento agli sbocchi delle esportazioni (vedasi tabella in calce), la Turchia sale al primo posto (34,5% del totale) dal quinto occupato nel ranking dell’anno 2023; al secondo posto, con un’incidenza del 9,0%, si collocano gli Stati Uniti: nonostante presentino una flessione delle vendite pari al -6,6% rispetto al medesimo periodo del 2023, hanno chiuso l’anno con 1,4 miliardi di euro. Al terzo posto si conferma la Svizzera con 1,3 miliardi di euro, con un -15,1% rispetto al 2023, segnale questo del progressivo rallentamento nel segmento “lusso”. Quarti gli Emirati Arabi Uniti che mettono a segno, invece, un aumento del +10,6%. Le vendite destinate in Francia, patria delle grandi maison del lusso, occupano il quinto posto tra i paesi di sbocco.

Per quanto riguarda i maggiori distretti del settore per l’export 2024, Arezzo mette a segno una variazione del +119,3% rispetto al 2023 (7,7 miliardi di euro con una forte incidenza dell’export verso la Turchia); seconda la provincia di Vicenza mostra un aumento del +14,9%. In terza posizione Milano si conferma davanti ad Alessandria. L’export del distretto produttivo di Napoli&Caserta sperimenta, invece, una minima variazione, nella misura del +1,0% (vedasi tabella in calce).

Claudia Piaserico, Presidente di Confindustria FEDERORAFI, commenta: “I dati del 2024 sono in linea con le caute previsioni che avevamo fatto. Al netto dell’incidenza delle quotazioni record delle materie prime preziose – Oro in euro 2023 su 2024: +23% e Argento in euro 2023 su 2024: +21% -, le performance dell’export, che rappresenta il 90% dell’intero fatturato settoriale, si attestano in termini di quantità appena sopra i livelli del 2023 rispetto ai dati in valore ISTAT dove il +41% è appunto condizionato dalla materia prima preziosa. Questo trend rialzista nelle quotazioni sta oltretutto proseguendo nel 2025 alimentato non solo dalle guerre in atto ma anche dalla vicenda dei “dazi USA”. Il settore è fortemente danneggiato da quest’ultima novità per un doppio impatto: sull’incremento delle quotazioni e per la penalizzazione delle vendite sul mercato USA che assorbe la significativa quota di 1,4 miliardi di euro annui! Il congelamento di 3 mesi dell’ulteriore applicazione del +10% dei dazi aggiuntivi, se è una “boccata di ossigeno” per il settore, certamente non scongiura l’effetto “frenata” che è già in atto e che si avrà ancor più a partire quindi dal 9 luglio quando scatterà l’ulteriore aumento arrivando al 25-28%! La stragrande maggioranza delle 7.000 imprese del settore sono PMI e unbranded e quindi con produzioni che hanno margini non elevati soprattutto se rapportati al valore della materia prima contenuta nei monili. Si calcola che su un prodotto finito la materia prima (es. oro) incida anche per il 90% del prezzo totale di vendita e, pertanto, il dazio, calcolato sul totale (materia prima + valore aggiunto), impatta in modo rilevantissimo sui margini dell’impresa, a discapito conseguentemente non solo delle risorse per investimenti e R&D ma della stessa capacità di remunerare i propri dipendenti. Proprio per queste ragioni l’incremento delle tariffe doganali USA ha un effetto molto importante sui prezzi di vendita in USA dei gioielli. Sull’oreficeria più “popolare” oltreatlantico il dazio già oggi (5/8%) può erodere fino al 75% del valore aggiunto e con gli aumenti di luglio quadruplicherà l’impatto sul margine di una PMI orafa italiana che dovrà quindi intervenire in modo significativo sul prezzo di vendita (si stima del +40%) per garantire quei margini indispensabili per remunerare le sue attività. Per queste ragioni la ricaduta degli aumenti tariffari sul prezzo di un prodotto di oreficeria e quindi sul consumatore americano è molto più elevata rispetto ad altri manufatti made in Italy. Un esempio: una catenina da 5 grammi di oro a 18kt oggi viene acquistata dal consumatore statunitense (al netto di altre tasse locali o federali e dei ricarichi della distribuzione) a circa 440 USD; con i nuovi dazi, la stessa catenina, per garantire all’impresa orafa italiana l’identico valore aggiunto “pre-aumenti”, dovrebbe essere venduta ad almeno 640 USD, ovvero con un aumento del prezzo di oltre il +45%. Aumenti improponibili per il cliente finale medio a stelle e strisce che ha sempre ammirato ed apprezzato il gioiello italiano ma che sarà meno disposto a sopportare l’escalation del prezzo di vendita. Abbiamo attivato una importante interlocuzione con il nostro Governo e con il Ministero degli Affari Esteri e confidiamo che l’attività diplomatica e le nuove risorse a sostegno delle nostre PMI riescano a dissipare, almeno in parte, le incognite sul futuro prossimo dell’oreficeria made in Italy”.

Allegati:
Tabella Commercio Estero 2024 Top 20 Paesi
Commercio Estero 2024_Top 20 Paesi_ArcFED

Tabella Commercio Estero 2024 Top 15 Province
Commercio Estero 2024_Top 15 Province_ArcFED

Foto Presidente Piaserico
Foto Presidente Piaserico

Altre news